Si è tenuta il 21 e 22 novembre a Pontedera l’edizione 2013 di Cre@ctivity.  Nell’ambito dell’esposizione dedicata al design ricerca e innovazione  è stato presentato il modello del nuovo idrovolante IDINTOS ormai quasi ultimato ed esposto per l’occasione nella sala. Grande pubblico e soprattutto grande successo e apprezzamento per il nuovo velivolo rivoluzionario. Di seguito la relazione del prof. Aldo Frediani del Dipartimento di ingegneria industriale e civile dell’Università di Pisa.

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Presentazione IDINTOS – Aldo Frediani

22 Novembre. Pontedera

 Autorità, studenti, signore e signori,

di fronte ad una macchina volante così innovativa, immagino sia naturale porsi almeno due quesiti, ovvero: a) come è nata l’idea di questo velivolo e b) come si articolata la sua realizzazione.

Io cercherò di dare una risposta alla prima domanda; vedremo, poi, come si è articolato il progetto IDINTOS.

Molti di noi ricorderanno un famoso discorso che Steve Jobs tenne ad Harvard, concluso con due esortazioni, diventate celebri: be foolish, be hungry, ovvero: siate folli o, anche, non abbiate paura del nuovo che avete dentro ma che ancora gli altri non vedono, da un lato e, dall’altro, siate affamati o anche non mollate mai la vostra tensione, non arrendetevi non scoraggiatevi.

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Guardando questo aereo è facile capire che anche noi, nel nostro piccolo piccolo, siamo stati realmente tanto folli quanto affamati, ma anche qualcosa di più, qualcosa per cui Steve Jobs avrebbe potuto aggiungere: be patient, siate pazienti.

Perché, in effetti, noi siamo stati molto pazienti. Chi vi parla, ha depositato un brevetto in Italia alla fine del 1994, pochi giorni prima della discussione della tesi di laurea di Alberto Longhi e Pietro Bicchio; il brevetto fu esteso agli Stati Uniti nel Maggio del 1999 dal titolo Large Dimension Aircraft.

Alla fine degli anni 80 si concretizzò, nell’ambito delle compagnie aeree e dei costruttori di aeromobili, un lungo dibattito avente per tema il trasporto aereo del futuro e, in particolare, come ridurre i costi di esercizio. Da quel contesto nacque la realizzazione dell’Airbus 380, il più grande velivolo esistente, nato dalla idea di ridurre i costi aumentando la capacità degli aeromobili. Ma poiché questo velivolo ha dimensioni che non potranno essere superate (80 x 80m in pianta), per me, ricercatore universitario,  significava in qualche modo la fine della ricerca aeronautica in campo civile, salvo gli aspetti della tecnologia, che comunque crescerà sempre. Mi convinsi allora che fosse tempo che nelle Università e nei centri di ricerca si studiassero nuove configurazioni tali da produrre una discontinuità nello sviluppo della aviazione.

In effetti, dopo oltre un decennio, agli inizi degli anni 2000, un documento della Comunità Europea, formalizzò gli obiettivi della aviazione commerciale del futuro (2020) verso la riduzione drastica dei consumi e delle emissioni inquinanti. I nuovi velivoli dovranno essere progettati in modo da migliorare le prestazioni ad un livello tale che non sarà possibile ottenerle con le configurazioni tradizionali; i velivoli da trasporto attuali, infatti, sono talmente ottimizzati che solo piccoli miglioramenti progressivi sono possibili, non tali dunque da consentire il salto di prestazioni necessario per raggiungere gli obiettivi del 2020.

 

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L’idea del velivolo che vedete nasce in questo contesto e, infatti, come vedremo poi, parlando dello sviluppo del progetto, nulla ha di tradizionale.

Per quanto mi riguarda, l’idea delle due ali chiuse alle loro estremità si fondò inizialmente su considerazioni strutturali e, più in particolare, aeroelastiche, materia che insegnavo anche allora; ma avevo il dubbio se l’aerodinamica di ali chiuse fosse efficiente. Trovai allora degli appunti scritti dal professor Pistolesi, un aerodinamico famoso nel mondo e vanto della Università di Pisa, scritti per gli studenti per l’anno accademico 1923-24; in tali appunti, egli ricordava che Ludwig Prandtl aveva scritto una articolo in tedesco nel quale aveva definito come miglior sistema portante (best wing system) un sistema di ali chiuse, una scatola in vista frontale, poiché questo sistema realizzava una condizione sufficiente dal punto di vista matematico per avere la minima resistenza indotta (dalla portanza), a parità di apertura alare e peso da sostenere. Questo lavoro fu poi pubblicato in Inglese come Report NACA (oggi NASA) nel 1924; esso indicava che la resistenza dell’ala chiusa ottimizzata era molto inferiore a quella di un biplano anch’esso ottimizzato. Tuttavia, come diceva lo stesso Pistolesi, questo risultato era essenzialmente accademico poiché, dal punto di vista pratico, la presenza di rinforzi, cavi ecc rendeva inefficiente, di fatto, l’aerodinamica. In quel periodo poi, fine anni 20, furono create in Germania le leghe leggere che resero possibile costruire cassoni alari come quelli attuali e i biplani, con il tempo, scomparvero.

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Dunque, l’idea delle ali chiuse, poteva teoricamente consentire di ridurre in modo drastico la resistenza, ma il report di Prandtl era difficilmente leggibile e non vi erano dimostrazioni dei suoi risultati, seppure gli strumenti della matematica fossero già disponibili negli anni ‘20 del 900.  Decisi allora di affrontare quel problema per verificare se quel risultato potesse essere dimostrato. Mi rivolsi al prof. Giannessi, dip di Matematica di Pisa, con il quale avevo già organizzato diversi workshop alla Scuola di Matematica del Centro Majorana di Erice, per affrontare il problema. Un giovane laureando in Matematica, Guido Molinari, affrontò il problema nella sua tesi di laurea; avevamo chiaro quali tipi di equazioni dovessimo risolvere, le avevamo scritte utilizzando un risultato di Munk, un allievo di Prandtl, ma ci trovammo in mezzo ad un dramma per risolverle; fu una battaglia contro integrali indigesti (uno di questi era stato risolto dopo di 36 pagine di calcoli). Una volta, durante questo periodo, Guido era sul punto di inizio di una depressione perché le cose non tornavano, eppure non riuscivamo a trovar errori; succede spesso.

Gli dissi allora di abbandonare tutto per un po’ di tempo e pensare ad altro; io, per parte mia, portai tutti i fogli a casa per ripassare i calcoli con calma nel fine settimana.

Per fortuna trovai subito due errori in una delle equazioni di partenza: un segno sbagliato e una inversione di funzioni trigonometriche. Corretti questi errori tutto si chiarì; Guido aveva svolto i suoi integrali in modo esatto; tutti. Follia, tenacia e pazienza ci avevano aiutato (tanto per ritornare alle esortazioni di Steve Jobs)..

Ora era chiarissimo che Prandtl aveva ragione; il suo risultato, a parte qualche differenza modesta era sostanzialmente corretto.

Avevamo la certezza di appoggiare i piedi su un terreno ben saldo perché, come i saggi hanno affermato, Niente è più concreto di una buona teoria.

Da allora, in onore di Prandtl, ho chiamato PrandtlPlane la configurazione del sistema portante con ali chiuse a box, e ho depositato come marchio il nome PrandtlPlane.
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Prandtl era allievo della Scuola di Gottinga in Germania, fondata da un genio della Matematica, Hilbert; da questa scuola è nata la Aerodinamica moderna e la Fisica moderna con un numero impressionate di premi Nobel. Stava dunque nella Fisica-Matematica l’idea di fondare una nuova Aviazione.

La mia proposta fu accolta con un interesse moderato nella comunità aeronautica internazionale; attività di ricerca condotte in passato specialmente in America su configurazioni simili non erano state incoraggianti, ma mi ero anche convinto, alla luce dei risultati raggiunti, che fossero stati compiuti errori di valutazione in quelle attività e pensavo di  conoscere il modo per superarli.

Assai minore interesse dimostrò la comunità aeronautica italiana, ma con delle eccezioni, non molte invero, ma importanti; specialmente una lo fu, da parte di un collega e amico fraterno della Università la Sapienza di Roma; si chiama Luigi Morino e, ancora una volta, si tratta di un aerodinamico di fama mondiale; già professore all’MIT e alla Boston University e fondatore della Aerodinamica numerica che ha contribuito in modo fondamentale ad aumentare la efficienza dei moderni aeroplani  (metodo di Morino), il suo giovanile entusiasmo verso questa potenziale innovazione è stato per noi un incoraggiamento fondamentale.

Una volta pubblicata la soluzione esatta del problema di Prandtl, l’argomento della minima resistenza indotta di sistemi multiala è diventato di nuovo di interesse generale; oggi, un  allievo pisano del nostro dottorato di ricerca ha scritto una teoria generale sul minimo della resistenza indotta di sistemi portanti multiala che include anche ali di forma non rettilinea. Ancora prima, un altro allievo pisano, Emanuele Rizzo, ha scritto una tesi di dottorato nella quale il problema di minimizzare la resistenza è stato affrontato partendo dalle teorie moderne della ottimizzazione, sviluppate nell’ambito di una branca della Matematica, che si chiama Ricerca Operativa, e sviluppando potenti algoritmi numerici per la soluzione di questi problemi; qui si fa un uso esteso dei  calcolatori.

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Con i suoi codici di calcolo è stata ottimizzata anche la configurazione aerodinamica del velivolo che vedete minimizzando la resistenza e tenendo conto dei vincoli della Meccanica del volo.

Dunque, questo velivolo ha origini dalla Fisica Matematica degli anni 20 e si è concretizzato poi con i metodi numerici della matematica moderna; migliaia di ore di calcolatore sono state impiegate per disegnare e ottimizzare questo piccolo aeroplano. Ma un fatto essenziale è la disponibilità di metodologie di progetto (fluidodinamica, strutture e controlli) e di nuovi materiali, che non erano disponibili ai tempi del prof. Pistolesi.

Per anni, io e i miei giovani collaboratori, abbiamo cercato di coinvolgere enti locali e nazionali e industrie aeronautiche per avere risorse per sviluppare le nostre ricerche; i risultati sono stati scarsi.

Infine, però, abbiamo trovato un primo interlocutore attento alla innovazione nell’allora assessore alla Università della Regione Toscana, con il quale abbiamo poi costruito insieme un grande progetto, del quale lo stesso Eugenio Baronti accennerà in questo evento.

Questa attenzione presso la Regione Toscana ha portato alla approvazione del progetto IDINTOS e al suo co-finanziamento.

IDINTOS è un acronimo di IDrovolante INnovativo TOScano, come segno di appartenenza alla nostra tradizione culturale e anche di  riconoscenza verso un atto di coraggio; intendo il coraggio della Regione nel finanziare una impresa dietro la quale non esisteva fino ad oggi alcuna base produttiva e organizzativa per realizzare aeroplani; tutta la nostra tradizione progettuale in  aeronautica, che presente nella prima parte del ‘900, si era dissolta.

Dunque, anche la Regione è stata, in certo modo foolish, come diceva Steve Jobs.

La scelta di applicare proprio ad un idrovolante la configurazione PrandtlPlane è un omaggio alla storia gloriosa delle costruzioni aeronautiche CMASA di Marina di Pisa, dove si costruirono idrovolanti famosi, come quello con cui Amundsen sorvolò il Polo Nord. Come sezione aerospaziale del nostro Dipartimento, abbiamo voluto mostrare un modello di idrovolante, l’RS14, progettato e costruito a Marina anche con il contributo del prof. Lazzarino; era, allora una macchina avanzata ma si può facilmente verificare come i concetti della aviazione siano cambiati dagli anni 30 ad oggi.

Il progetto IDINTOS coinvolge enti pubblici (Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, il Dipartimento della Energia e dei Sistemi (DESTEC) della Università di Pisa e l’ISIA di Firenze) e privati (EDI progetti, MBVison, Dielectrik, Humanware, Daxo, CGS); il progetto del velivolo è stato condotto con il contributo fondamentale della soc. Skybox Engineering, spin off della Università di Pisa; nessuna di queste istituzioni aveva mai realizzato o anche progettato un velivolo.

Al progetto hanno collaborato anche  Insean CNR di Roma per la esecuzione delle prove in vasca navale e il Politecnico di Milano, per le prove in galleria del vento di un modello in scala ¼ del velivolo.

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La fase di organizzazione del progetto che doveva mettere insieme competenze così diverse  e anche ovvie incompetenze, non è stata semplice ma poi, via via, le attività sono state svolte con entusiasmo crescente e contagioso fino a questo risultato. I contributi dei singoli partecipanti verranno evidenziati in seguito.

Il prototipo è in fase di allestimento finale e sarà completato entro il prossimo mese.

Ringrazio di cuore tutti i partecipanti per il loro contributo; molte persone dovrei ringraziare ma l’elenco sarebbe troppo lungo; so che non me ne vorranno e conto sulla loro comprensione. Devo fare solo una eccezione per Riccardo Rossi, della soc. Edi e Mauro Romagnoli del Dipartimento.

I fondi che la Regione ha destinato al progetto hanno generato frutti importanti: molti giovani hanno avuto contributi per affrontare problemi legati allo sviluppo del progetto, molte piccole imprese hanno collaborato alla realizzazione di manufatti, modelli, studi; è stato creato lavoro che darà frutti di conoscenza ed esperienza in futuro. La Regione Toscana ha assicurato il suo supporto costante per tutta la durata del progetto; voglio qui ringraziare, a questo proposito, il dirigente Marco Masi e la dott.ssa Martina Brazzini, ai quali ho riferito con continuità sui risultati che si stavano ottenendo. Qualcosa resta comunque da migliorare nella gestione dei progetti; i meccanismi burocratici non sono lievi e i ritardi nella erogazione degli stati di avanzamento ha creato e crea notevoli problemi.

Qualche tempo fa, è stato detto che la ricerca si compra; questa affermazione, purtroppo è stata più volte pronunciata da un Ministro della Repubblica, anzi proprio dal ministro della Università e della Ricerca.  Anche senza voler infierire su tale livello di cultura si capisce che se Enrico Piaggio non avesse continuato a fornire al Prof D’Ascanio le risorse per fare ricerca, forse questa città non sarebbe la stessa e, ma questo invece non ammette dubbi, noi non saremmo oggi a celebrare la creatività proprio qui, nel museo Piaggio. Nessuno ci poteva vendere la Vespa che non c’era, come nessuno oggi ci potrebbe vendere questo  aeroplano che finora non c’era, ma ora, dopo fame follia e pazienza, c’è.

Grazie